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Gita intersezionale con il CAI di Pescia - 17 Aprile 2016

SVIZZERA PESCIATINA

di Romano Mellini

Una volta scesi dalle macchine accanto al torrente Pescia s'inizia a salire per una mulattiera che s'arrampica lungo un costone impervio della collina. Siamo ospiti del C.A.I. di Pescia ed assieme a loro raggiungiamo il ragguardevole numero di quaranta partecipanti all'escursione.
Svizzera Pesciatina, così definita dallo storico ginevrino Sismonde de Sismondi, qui giunto esule alla fine del secolo diciottesimo, convinto, penso, di esprimere un altissimo riconoscimento. Tuttavia, credo sia una definizione un po' riduttiva nei confronti di una zona in cui il medioevo è vivo ancora nell'aria ed in modo particolare nei suoi borghi. Io la chiamerei Pesciatina longobarda, oppure Pesciatina matildica o, perché no, Pesciatina Dantesca. Mentre saliamo lungo la mulattiera mi par di vedere, qualche tornante più in alto, il Divino Poeta “Ghibellin fuggiasco” arrancare fuggitivo magari dopo la battaglia della vicina Serravalle, combattuta nel 1302 dai guelfi fiorentini contro i ghibellini pistoiesi e finita con la vittoria dei guelfi.
A mano a mano che si sale, il panorama diventa più ampio e sempre più impregnato di medioevo. Che spettacolo le prime case di Castelvecchio, accarezzate da stradine acciottolate che puntano verso l'alto passando sotto a splendidi voltoni. che mostrano ancora i cardini degli antichi portoni. Ballatoi pensili e piccoli oratori accompagnano alla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, contenente svariate opere d'arte. Il vero gioiello si raggiunge scendendo di alcuni metri, accanto alla parrocchiale stessa, per una stradina semibuia: l'oratorio del Santissimo Rosario, completamente affrescato da autore ignoto attorno al sedicesimo secolo. In prossimità della Pasqua detto oratorio veniva trasformato nel sepolcro di Cristo, vegliato di giorno dalle donne e di notte dagli uomini. Con tali bellezze negli occhi, appena usciti dai sacri luoghi, si raggiunge la terrazza di un vicino bar – ristorante. Che panorama! Nel versante opposto del torrente Pescia si stagliano a metà costa, altri borghi facenti parte de le Castella: in alto Pontito, poi Sorana, quindi Bellano e per finire ad Aramo nello stesso versante di Castelvecchio.
Lungo stradine acciottolate si raggiunge la Pieve, dopo aver visitato una caratteristica piazzetta sottolineata da una fontana che versa l'acqua in una bacinella di pietra che reca sul fondo un'anguilla scolpita. Che Pieve! Dedicata ai Santi Ansano e Tommaso, documentata già nel 879 e, purtroppo, rimaneggiata lungo i secoli, rappresenta un simbolo d'incomparabile bellezza. Che facciata! E che interno maestoso! Accanto si ergeva, oggi non più esistente, il castello del signorotto. La mulattiera continua a salire sfiorando il cimitero da cui si ha una splendida inquadratura della Pieve, finendo, in breve, in una strada asfaltata che porta a San Quirico Valleriana. Dopo aver salutato la brava guida locale ci incamminiamo lungo detta strada, sulla sinistra l'incanto della vallata. Un breve tratto ed eccoci, di nuovo, tra le braccia del medioevo. Il solito acciottolato ci accompagna alla chiesa parrocchiale di San Quirico e Giulitta, santi mediorientali, Lei madre, Lui figlio. Il parroco ci spiega in maniera semplice l'interno del sacro edificio e spiega, pure, una probabile origine del nome Valleriana dovuto al vescovo eresiarca Ario che escludeva in Cristo la natura divina. I longobardi, al tempo della loro discesa in Italia, erano ariani e giunti in questi luoghi li nominarono Valle di Ario o Valleriana. Oppure Valleriana potrebbe originare da “valle attraversata da molti rii”. Il simpatico sacerdote ci ha condotto nei giardini pensili della chiesa sulle mura dell'antico borgo. Che splendida visione!
Sempre attraverso viottoli acciottolati siamo saliti sulla piazza superiore dove abbiamo consumato il pranzo al sacco attorno ad una monumentale fontana. Rimessici in cammino abbiamo percorso, accarezzandole dal basso, le mura poc'anzi ammirate dall'alto dei giardini - orti della chiesa. Fuori dal borgo di San Quirico. Il percorso attraversa, prima in discesa, poi in salita l'ubertosa campagna de le Castella “di case e di olivi popolata”. L'ultimo tratto su strada asfaltata ci ha portato all'ultimo borgo in programma: Aramo. Le case sono appollaiate a cavallo tra la Val di Torbola e la Val di Forfora, anch'esse appartenenti alla Valleriana e terminanti nello stesso torrente Pescia.
Accompagnati da un' altra valida guida, attraversato un voltone, siamo entrati  in una chiesetta facente parte della via Crucis. La solita via acciottolata in salita ci ha condotto all'interno del borgo e da un terrazzo abbiamo ammirato lo stesso splendido panorama. Il paesino fu costruito su di uno sperone roccioso detto “i balzi”, facilmente difendibile, dove le costruzioni salgono tondeggianti verso la vetta, un tempo occupata da una bastia ora scomparsa e sostituita dalla chiesa parrocchiale con vicino il poderoso campanile. Dopo la visita, nella sottostante canonica, ci è stato offerto un rinfresco ristoratore. Ripercorse le stradine in discesa siamo usciti da Aramo, abbiamo camminato sulla stessa strada dell'arrivo fino ad un sentiero, sulla destra, che si butta a capofitto verso il basso, all'ombra di boschi di quercia. Giunti in fondo siamo stati accolti dalle superbe rovine del mulino Monti. Raggiunta la strada asfaltata l'abbiamo risalita toccando, sulla sinistra, i coltivi dei famosi fagioli di Sorana.
Ancora pochi minuti ed eccoci nel piazzale in cui abbiamo lasciato le macchine. Grazie C.A.I. di Pescia per averci fatto camminare in un sogno organizzato nei minimi particolari. Grazie per averci mostrato bellezze uniche al di fuori del tempo e dello spazio. Grazie di nuovo e, come si dice, alla prossima...

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