LA MIA FRANCIGENA, A PIEDI DA PORRETTA A ROMA
Decima tappa - Da San Quirico d'Orcia a Radicofani, venerdì 19 maggio 2017

Testo e foto di Mauro Lenzi

10 02Mi alzo all’alba per percorrere una delle tappe più lunghe e faticose di tutta la Francigena. Attraverso il centro storico di San Quirico e poco prima delle sei sono già davanti all’Officina del Gusto, un bar-pasticceria già aperto a quell’ora. Consumo una veloce colazione e mi faccio preparare un sostanzioso panino da mettere nello zaino. Nessuno dei compagni di cammino mi raggiunge e così esco dal paese e, senza fretta, imbocco, la strada bianca in leggera salita in direzione di Bagno Vignoni. Raggiungo una piccola altura in prossimità del podere Bellaria, dove lo sguardo si perde sulla bellissima Val d’Orcia illuminata dalla prima luce del sole.10 06 La strada comincia a scendere e in breve raggiungo Vignoni Alto, in origine antico castello, possedimento della potente abbazia di Sant’Antimo. Attraverso il borgo ammirando la torre mozza dell’antico mastio e la piccola chiesa romanica di San Biagio. Esco dal borgo passando sotto un arco da dove si domina un grandioso panorama con vista sulla lontanissima Radicofani, appollaiata sul cono di un antico vulcano, e discendo una mulattiera selciata per riprendere la strada bianca per Bagno Vignoni. Il panorama di allarga a perdita d’occhio con bellissime vedute sui vigneti, su Castiglione d’Orcia e sulla possente mole del Monte Amiata. Alle sette e mezza raggiungo Bagno Vignoni, con la sua bellissima piazza d’acqua, ancora immerso nel silenzio e nella luce dorata del mattino. Mi soffermo a lungo a osservare le bolle di calore che fuoriescono dal fondo della grande vasca contornata da antichi edifici e da un caratteristico portico. L’acqua 10 15termale, utilizzata nei vicini stabilimenti termali, sgorga a una temperatura prossima ai cinquanta gradi centigradi. La mia contemplazione viene interrotta da alcune voci alle mie spalle. Mi volto e riconosco Sandro e Anne, partiti da San Quirico dopo di me. Devono essere andati parecchio veloci per raggiungermi in così poco tempo. Dopo una breve sosta in un bar per berci un caffè, ci rechiamo a visitare le canalette scavate nella roccia dove ancora scorre l’acqua che alimentava un antico mulino, e riprendiamo il cammino. Attraversiamo il ponte pedonale sul fiume Orcia e prendiamo a salire un sentiero tra i campi sovrastati dalla possente mole della rocca di Tentennano di Castiglione d’Orcia, che svetta a dominio di tutta la valle. Il paese meriterebbe una visita, ma per raggiungerlo bisogna ancora salire. Proseguiamo quindi lungo una strada bianca in un continuo saliscendi circondati da un panorama mozzafiato. Ci fermiamo a riposare in un punto sosta nei pressi del podere San Giuseppe, dove ci sono alcuni tavoli con sedie e una fontana. Qui ci10 24 raggiungono Gabriella e Isa e insieme a loro, caricati gli zaini in spalla, riprendiamo a camminare. Abbiamo percorso solo un terzo della tappa e c’è ancora tanta strada da fare. Superati alcuni poderi, un po' affaticati ma ripagati dalle bellissime vedute sulla Val d’Orcia, raggiungiamo il podere Passalacqua, dove c’è un agriturismo con possibilità di pernottare. Scendiamo una mulattiera fino al torrente Vellora, praticamente in secca, e dopo averlo attraversato raggiungiamo Briccole di Sotto, sede dell’antico ospitale di San Pellegrino alle Briccole, ricordato da Sigerico con il nome di Abricula, XI tappa da Roma. Vi sostarono anche Matilde di Canossa, Filippo Augusto re di Francia nel 1191 e altri illustri personaggi. Ora il luogo è in uno stato di triste abbandono e la piccola chiesa romanica di San Pellegrino funge da ricovero per le pecore. Proseguiamo per una strada campestre e dopo avere guadato altri piccoli torrenti in secca raggiungiamo la vecchia Cassia. 10 27Poco dopo c’è una casa cantoniera ristrutturata dove abita la signora Mimi, che si è presa a cuore i pellegrini di passaggio posizionando fuori dal cancello di casa un contenitore sempre pieno di acqua fresca. La Francigena prosegue sulla vecchia Cassia su strada asfaltata senza traffico fino alla vecchia stazione di posta di Ricorsi, un austero edificio di impianto duecentesco. Passiamo sotto la nuova Cassia e raggiungiamo la sponda sinistra del fiume Formone poco dopo mezzogiorno; luogo ideale per la sosta pranzo. Ci togliamo gli scarponi e mangiamo i nostri panini con le gambe immerse nell’acqua corrente. Una benedizione per la mia caviglia destra, sempre più gonfia nonostante l’applicazione di abbondanti strati di crema all'arnica e lunghe applicazioni serali di sacchetti di ghiaccio. Sostiamo per più di un'ora poi, a malincuore, abbandoniamo le fresche acque e ci incamminiamo per affrontare quella che si preannuncia una dura salita. Siamo a circa quattrocento metri di altezza e  Radicofani è quasi a quota ottocento. Costeggiamo il fiume lungo un sentiero fino al Podere San Giorgio dove inizia la sterrata in ripida salita che, dopo un dislivello di centoventi metri, ci riporta sull'asfalto della vecchia Cassia. Sulla strada non c’è traffico e molti tratti sono protetti. Incontriamo anche alcuni operai intenti a falciare l'erba sul percorso protetto oltre il guard rail. Sono pure io un manutentore volontario dei sentieri CAI della mia sezione e so quanto è importante tenerli puliti e sempre percorribili. Lungo la strada incontriamo una fontana, provvidenziale sia per bere sia per rinfrescarsi prima di affrontare gli ultimi chilometri di salita sotto il sole cocente. 10 30Forse è una illusione ottica o forse è la fatica, ma, davanti a me, la torre di Radicofani a volte sembra avvicinarsi e a volte allontanarsi togliendomi la speranza di arrivare. Abbandoniamo la strada asfaltata e dopo aver percorso un tratto di sterrata nel bosco sbuchiamo su una strada in salita che percorriamo contornati di prati e greggi al pascolo fino a giungere nuovamente sulla strada asfaltata e all'entrata di Radicofani. Attraversiamo il centro storico e ci rechiamo all’ostello comunale Alceo Gestri, una bella struttura pulita e accogliente. Sono le quattro del pomeriggio. Qui incontro Luca e Valentina e anche Moss, il canadese, partiti prestissimo da San Quirico, molto prima di me per evitare le ore più calde. E io che pensavo di essere stato il più mattiniero! Una bella doccia, il solito ghiaccio sulla caviglia e un po' di riposo in branda per recuperare le energie. Prima di cena alcuni di noi salgono alla rocca con la torre che domina dall'alto il paese e la campagna circostante. Non li seguo perché la caviglia mi duole, ma non rinuncio a fare un giretto per le vie del borgo. Il paese, adagiato sulla vetta di un antico vulcano, ha un aspetto austero dovuto alla pietra scura utilizzata per costruire le case, le chiese e i palazzi. Entro nelle chiese romaniche di S. Pietro Apostolo e di S. Agata dove noto la quasi totale assenza di dipinti. Sono invece presenti pregevoli terracotte invetriate della scuola di Andrea della Robbia e della bottega dei Buglioni, forse appositamente collocate sopra gli altari e ai lati delle navate per ingentilire, con i brillanti colori di quelle opere, gli interni cupi in pietra vulcanica.
Gironzolo un po’ per il paese e all’imbrunire mi dirigo al ristorante La Grotta dove ho appuntamento per cenare con gli amici di cammino. La pietra scura delle case assorbe la poca luce dei lampioni appena accesi. Si viene a creare un’atmosfera particolare che mi ricorda un illustre personaggio: quel Ghino di Tacco che, impossessatosi della rocca di Radicofani verso la fine del milleduecento, spadroneggiò nel territorio con le sue gesta di castigatore di ingiustizie e di potenti o, più semplicemente, di audace bandito dedito, con la sua banda di masnadieri, alla rapina dei viandanti. Il buio incombente unito a questi pensieri giocano un brutto scherzo alla mia fantasia e cammino con passo sempre più spedito, guardandomi attorno, preoccupato di veder sbucare da ogni angolo la minacciosa figura del leggendario brigante. Raggiungo il ristorante sano e salvo e mi concedo anche stasera un abbondante piatto di pici all’aglione e un secondo davvero prelibati. Prima di rientrare all’ostello festeggiamo Luca e Valentina che terminano a Radicofani il loro cammino, con l’impegno di rivederci presto.

Decima tappa - Fotoracconto

I numeri della tappa (soste e varianti comprese)

Punto di partenza San Quirico d'Orcia
Punto di arrivo Radicofani
Distanza 34,5 km
Durata 10h
Dislivello +1040m; -700m

 

LA MIA FRANCIGENA, A PIEDI DA PORRETTA A ROMA
Undicesima tappa - Da Radicofani ad Acquapendente, sabato 20 maggio 2017

Testo e foto di Mauro Lenzi

11 01Anche oggi si parte abbastanza presto. Alle sette e mezza ci troviamo a fare colazione al bar alla fine dell’abitato, oltre la porta civica. Qui incontriamo le ragazze della scolaresca di Colle val d’Elsa in attesa del pullman che le riporterà a casa. Negli occhi di alcune di loro noto un leggero velo di tristezza; forse consapevoli di concludere una esperienza unica e indimenticabile. Siamo rimasti in pochi ad affrontare le tappe che mancano per arrivare a Roma. Con me ci sono Anne, Gabriella, Isa, Ivan e Sandro. Moss, il più mattiniero, è già partito. Oggi, per evitare i lunghi chilometri di asfalto sulla Cassia da Ponte Rigo ad Acquapendente, era mia intenzione percorrere una variante della Francigena e fare tappa a Proceno. Avrei dovuto sobbarcarmi molta strada in più e un discreto dislivello da superare. La mia caviglia dolorante mi suggerisce di restare nei ranghi e così scelgo il percorso tradizionale anche se meno interessante. Ci 11 10incamminiamo verso sud fino a raggiungere un tornante dove imbocchiamo sulla sinistra la vecchia Cassia sterrata e in discesa verso la Val Paglia. Questo tratto è davvero suggestivo. Non c’è più l’ordinata campagna toscana incontrata fino a ieri, ma un susseguirsi di aspri e ripidi versanti governati a pascolo e selvaggi calanchi ingentiliti dalle ginestre in fiore. La discesa è piacevole e il paesaggio sublime. Alle mie spalle Radicofani con la sua rocca sempre11 03 più lontana avvolta da nuvole minacciose. Alla mia destra il Monte Amiata, Abbadia San Salvatore abbarbicata alle sue pendici, e fili di vapore che escono dalle sue viscere per dare forza alle numerose centrali geotermiche posizionate ai suoi piedi. Sulla sinistra la valle incisa dal torrente Rigo e le aspre colline che dal Monte Cetona scendono verso San Casciano dei Bagni e la lontana Acquapendente. Scatto numerose foto e perdo contatto con gli altri pellegrini. Solo nei pressi di Ponte Rigo affretto il passo perché il cielo si è incupito di nuvole minacciose e in lontananza si ode il rombo del tuono. A Ponte Rigo, un gruppo di case al bivio con la nuova Cassia, incontro il gruppo già pronto a ripartire dopo una breve sosta nel bar del paese. Inizia qui un lungo tratto di tredici chilometri quasi interamente lungo la Cassia fino ad Acquapendente. Superato il ponte sul Rigo e il bivio per Proceno, costeggiamo la Cassia per più di un chilometro lungo un tratto protetto dal guard rail con il fondo curato e con l’erba falciata. Imbocchiamo poi un tratto dismesso parallelo alla statale e senza traffico, e dopo circa due chilometri ritorniamo nuovamente sulla Cassia poco prima del ponte sul torrente Elvella, 11 22confine tra la Toscana e il Lazio. Superato il ponte prendiamo la breve deviazione per Centeno che deriva il suo nome dalla distanza da Roma, al centesimo miglio della strada che, nel corso del Medioevo, costituiva l’ultimo tratto della via Francigena. Fu sede della dogana pontificia fino al 1870, ebbe una stazione di posta e una locanda. Sembra che nel febbraio del 1625 vi abbia dimorato addirittura Galileo Galilei, in viaggio verso Roma, dove lo attendeva il giudizio del Santo Uffizio. All’entrata del piccolo borgo ci attende una sgradita sorpresa. Durante la notte l’edificio storico più importante, forse l'antica dogana, non ha retto il peso degli anni e l’incuria degli uomini ed è miseramente crollato. Le macerie hanno invaso la strada e tutto è stato transennato. Chiedo ad alcuni abitanti come possa essere accaduta una cosa simile. Mi rispondono che era una “morte” annunciata. L’edificio di proprietà privata era da tempo fatiscente e in stato di completo abbandono: la pioggia, il vento e il gelo hanno fatto il resto.
Tra una chiacchiera e l’altra perdo nuovamente contatto con il gruppo. Esco dal paese e torno sulla Cassia. Dopo circa mezzo chilometro mi fermo in una tipica trattoria sulla strada per consumare un veloce spuntino. Qui incontro un’anziana coppia di pellegrini australiani anche loro diretti a Roma. I due sono  veramente originali: portano legati allo zaino degli ombrelli enormi che, se aperti, si potrebbero benissimo utilizzare come ombrelloni da spiaggia. In loro compagnia mi incammino lungo la Cassia, da qui in poi senza banchina e senza protezione per i pedoni, con la vegetazione che impedisce di stare al bordo della strada. 11 21Poi, il giorno che ci passi tu, può anche capitare che ci incontri la Mille Miglia. Bolidi rombanti e puzzolenti mi sfiorano a mezzo metro di distanza con l’autista e il passeggero che mi fanno ciao con la manina. Un delirio oppure, più verosimilmente, un assaggio di quello che potrebbe essere l’inferno. Il vento ha spazzato via le nuvole e fa molto caldo. Procedo con cautela per circa cinque chilometri con al seguito la coppia di australiani. Dopo aver attraversato il fiume Paglia a Ponte Gregoriano si abbandona finalmente la Cassia per salire ad Acquapendente lungo una stradina secondaria abbastanza ripida. Un ultimo sforzo e finalmente entro in paese dove mi ricongiungo con i compagni di cammino. Dobbiamo raggiungere tutti assieme la Casa di Lazzaro al Convento dei Cappuccini, che scopriamo essere posizionato su un’altura appena sopra il paese. 11 27Un altro po’ di salita e finalmente bussiamo alla porta del convento dove ci apre Suor Amelia che gentilmente ci fa gli onori di casa mostrandoci gli alloggi, la bella cucina rustica a disposizione per cucinare e il meraviglioso prato dietro al convento dove riposare e, perché no, meditare. Un piccolo anticipo di paradiso dopo l’inferno della Cassia. Dopo un’abbondante cena autogestita nella cucina del convento scendiamo in paese. Essere capitati ad Acquapendente la sera del sabato precedente la terza domenica di Maggio è stato un vero colpo di fortuna. Siamo nel bel mezzo della preparazione della Festa dei Pugnaloni, una delle più antiche della Tuscia. La festa si rifà ad una leggenda popolare: nell’anno 1166, durante il dominio di Federico Barbarossa, due contadini avrebbero assistito alla fioritura di un ciliegio secco: andarono a riferire del miracolo agli altri paesani che considerarono l’evento un buon auspicio e insorsero, armati di pungoli e altri attrezzi da lavoro, cacciando il governatore dell’imperatore e distruggendo il castello. Si celebra ogni anno in onore della Madonna del Fiore per ricordare l’antica liberazione e vuole rappresentare la libertà vittoriosa su ogni tipo di oppressione. Antenati degli attuali pugnaloni erano i pungoli, antichi arnesi utilizzati per governare il bestiame, ornati di fiori, che i contadini portavano in processione al seguito della statua della Madonna. Col passare dei secoli sono stati sostituiti dagli odierni pugnaloni, grandi pannelli disegnati e poi interamente ricoperti di petali di fiori, di foglie e altri materiali vegetali, con la tecnica del mosaico. I pugnaloni sono realizzati da diversi gruppi storici, costituiti prevalentemente da giovani in gara per eseguire l’opera che otterrà il primo premio, dopo la sfilata in processione in onore della Madonna del Fiore.
11 40Percorriamo il paese in festa. Le strade davanti ai laboratori dove si allestiscono i pugnaloni sono occupate da lunghe tavolate. Qui sono radunati i gruppi di giovani in competizione. Tra canti, balli e libagioni resteranno svegli tutta la notte; devono eseguire gli ultimi ritocchi alle loro opere da impreziosire con delicati petali di fiori freschi, che vanno incollati sempre all’ultimo momento. Uno spettacolo visitare l’interno dei laboratori e assistere al fermento che vi regna. I pannelli decorati sono separati in due parti. Domani mattina le due parti verranno unite per comporre un unico pannello da issare in verticale con estrema cautela. Solo in quel momento si potrà compiutamente apprezzare il risultato finale di tanto impegno. Preso dall’euforia della festa sarei rimasto lì tutta la notte, quasi desideroso di dare una mano, ma sto facendo la Francigena e la stanchezza si fa sentire. Risalgo così al convento per dormire. Domani dovrò affrontare un’altra impegnativa tappa del mio cammino.

Undicesima tappa - Fotoracconto

I numeri della tappa (soste e varianti comprese)

Punto di partenza Radicofani
Punto di arrivo Acquapendente
Distanza 23,8 km
Durata 6h 15m
Dislivello +350m; -730m

LA MIA FRANCIGENA, A PIEDI DA PORRETTA A ROMA
Dodicesima tappa - Da Acquapendente a Bolsena, domenica 21 maggio 2017

Testo e foto di Mauro Lenzi

12 04Lasciamo il Convento dei Cappuccini alle sette di mattina e dopo una breve discesa raggiungiamo la strada principale a lato della Cattedrale del Santo Sepolcro. Qui incontriamo i giovani del Corniolo intenti a rifinire con gli ultimi piccoli ritocchi il loro pugnalone. Poco dopo viene issato in piedi tra la gioia e la commozione di tutti i presenti. È un’opera molto bella e ricca di profondi significati simbolici (sono poi venuto a sapere che l’opera si è classificata al terzo posto con la seguente motivazione della giuria “La forza cieca e la crudeltà umana. Per una condivisione futura di pace attesa?“).
12 08Passa il tempo e non mi accorgo che i miei amici sono già ripartiti. Non mi affretto per raggiungerli e cammino da solo in questo lembo di Tuscia immerso in una campagna lussureggiante tra greggi al pascolo, campi di grano e campi di patate a perdita d’occhio. Purtroppo il territorio è anche costellato di distese di pannelli fotovoltaici. Un cattivo esempio di uso del territorio. A mio modesto avviso i pannelli solari andrebbero collocati sugli edifici, sulle fabbriche e sulle strutture già esistenti o in costruzione; non su queste fertili aree agricole che scarseggiano sempre di più.
Dopo circa dieci chilometri entro in San Lorenzo Nuovo, quando da nord minacciosi nuvoloni neri, sospinti dal vento, cominciano a rotolare giù dai Monti Volsini fino ad accarezzare, giù in basso, le acque del Lago di Bolsena. Ieri, nei pressi di Ponte Rigo, abbiamo scampato il temporale, ma oggi sarà difficile non prendere la pioggia. Nel primo bar del paese incontro i compagni di cammino. Ordino un caffè e preoccupato chiedo al simpatico barista “Pioverà?”.  Per tutta risposta mi conforta dicendo “Ma che vu scherzà! Oggi un fa più de ventun gradi e nun piove, e domani torna er’ state. Fidate!”. Forse ho incontrato un profeta, un sensitivo, oppure un grande esperto di meteorologia. Dopo dieci minuti il vento gira da sud-ovest, spazza via le nuvole minacciose e fa di nuovo capolino il sole. 12 10San Lorenzo Nuovo è un paese sulla Via Cassia, con una bella parrocchiale dedicata a San Lorenzo Martire che si affaccia su una caratteristica piazza ottagonale. Da qui inizia la discesa per Bolsena, meta della tappa odierna, prima sull’asfalto della Cassia e poi lungo comode strade sterrate talvolta fiancheggiate da bellissimi gelsi carichi di sugose more di colore nero. Le vedute sul lago sono spettacolari. Raggiungiamo il rione Castello di Bolsena verso l’una del pomeriggio. Dopo una breve sosta per ammirare il panorama sul lago ci fiondiamo a capofitto lungo le scalette e i ripidi vicoletti che portano alla piazza San Rocco. Percorriamo corso Cavour e corso della Repubblica per giungere stanchi e accaldati davanti alla basilica di Santa Cristina. Sulla piazza, a destra della basilica, c’è il convento delle Suore del S.S. Sacramento. Qui veniamo accolti da una suora di origine africana che, con ampi sorrisi, ci conduce negli alloggi riservati ai pellegrini, in un ambiente ospitale e silenzioso, dove abbiamo subito modo di rinfrescarci e riposare.
12 25Nel tardo pomeriggio usciamo per visitare la città. Ci rechiamo nella vicina cattedrale di Santa Cristina dove nel 1263 avvenne il miracolo eucaristico di Bolsena, saliamo al castello, percorriamo le viuzze del quartiere medievale e scendiamo fino alla riva del lago dove ho modo di immergere nell’acqua fresca la mia caviglia ancora gonfia e dolorante. Sostiamo a lungo in attesa del tramonto prima di cenare in un ristorante vicino al convento dove ci viene servito un ottimo menù del pellegrino: spaghetti al coregone, coregone alla griglia e un fresco vinello ricavato dalle uve dei bellissimi vigneti che circondano il lago.

Dodicesima tappa - Fotoracconto

I numeri della tappa (soste e varianti comprese)

Punto di partenza Acquapendente
Punto di arrivo Bolsena
Distanza 24 km
Durata 6h 20m
Dislivello +420m; -520m

 

LA MIA FRANCIGENA, A PIEDI DA PORRETTA A ROMA
Tredicesima tappa - Da Bolsena a Montefiascone, lunedì 22 maggio 2017

Testo e foto di Mauro Lenzi

13 04Dopo una bella colazione nel bar-pasticceria di fianco alla cattedrale e l’acquisto di un po’ di viveri nel vicino panificio ci incamminiamo lungo via Porta Romana e via IV Novembre. Prendiamo poi a sinistra e percorriamo per circa mezzo chilometro alcune strade secondarie tra le case di una zona residenziale che ci portano a imboccare una strada sterrata. Ritorniamo poi su un tratto di asfalto che abbandoniamo poi definitivamente per immetterci su una bella strada sterrata che attraversa i pascoli e i boschi alle pendici dei Monti Volsini. Appena il bosco si dirada, questo tratto di percorso offre splendide vedute sul Lago di Bolsena e sulle sue due isole, l’isola Bisentina e l’isola Martana. Il lago si è formato oltre trecentomila anni fa quando il distretto vulcanico Vulsinio, che vantava ben sette crateri, in seguito ad una violenta esplosione crollo su se stesso creando un enorme caldera riempita, poco a poco, dalle acque piovane. È il lago di origine vulcanica più grande d’Europa. Lungo il percorso si incontrano diversi cartelli informativi che bene illustrano il suo processo di formazione.
Superiamo il fosso Melona, passiamo dal podere Sailli e dopo circa due chilometri tra vigne e uliveti entriamo nel Parco di Turona in un ambiente di foresta ad alto fusto. La zona è ricca di fonti e sorgenti da cui non conviene bere per l’elevato tenore di arsenico e fluoruri contenuti nell’acqua. Non ci sono cartelli che lo indicano, ma la cosa è risaputa da chi frequenta il luogo. Nella zona sono state rinvenute necropoli etrusche, i resti di un tempio e un nucleo abitato. Ho cercato le tracce di queste vestigia seguendo i numerosi cartelli informativi senza nessun risultato. Durante le mie ricerche il resto del gruppo ha ripreso a camminare e resto nuovamente solo. Poco male; la natura lussureggiante che mi circonda, immersa in un silenzio rotto solo dal cinguettio degli uccelli, va gustata lentamente per apprezzarne appieno la sua bellezza. 13 11Sosto a lungo nella radura con a lato l’oratorio della Madonna di Turona. Il piccolo edificio bianco immerso nella natura restituisce alla mia memoria i primi versi di una poesia imparata sui banchi della scuola elementare: “E c'era al fondo d'un lungo sentiero / una chiesuola piccina piccina; / guardava nell'ombra il suo cimitero / tra la mortella e l'erba cedrina. / Aveva pure la sua campanella / che non cantava né all'alba né a sera” (Paesaggio di Antonio Beltramelli, 1879-1930). Riprendo il cammino cercando di mandare a memoria gli altri versi della breve poesia che, dopo tanti anni, non riesco proprio a ricordare. Da bambino era una delle mie preferite, come lo era la “La Cavallina Storna” di Giovanni Pascoli. Costeggio il Fosso d’Arlena, ricco di acqua e con belle cascatelle, e, in corrispondenza del confine tra i territori di Bolsena e Montefiascone, l’oltrepasso su un ponticello di legno. Risalgo al Colle della Guardata e raggiungo Gabriella e Isa poco prima di incrociare la cassia Antica. Percorsi circa cinque chilometri in leggera salita sbuchiamo su una strada di crinale con bella vista su Montefiascone e il lago. Sulla salita incontriamo Pietro, una guida ambientale-escursionistica di Viterbo. Sta percorrendo a ritroso un tratto della Francigena per posare nuovi segnali e ci fornisce indicazioni utili per i pernottamenti nei giorni a venire. Dopo un altro 13 14chilometro su asfalto, sotto un sole impietoso, raggiungiamo la chiesa del Corpus Domini alle porte del paese, luogo dove inizia il conto alla rovescia per i pellegrini diretti a Roma. Da qui in poi non si contano più i chilometri percorsi, ma i cento ancora da percorrere. Altri due chilometri ed eccoci finalmente di fronte alla facciata della basilica di San Flaviano, una bella chiesa romanico-gotica costituita da due edifici sovrapposti: due chiese vere e proprie, orientate in senso opposto l'una rispetto all'altra. Visitata la chiesa proseguimo in salita per raggiungere il centro storico. Qui incontriamo Ivan e Sandro, seduti al tavolino di un bar, intenti a sorseggiare un fresco bicchiere di Est! Est!! Est!!!. Mi unisco volentieri a loro per assaporare tanta prelibatezza.
Pernotteremo nel Convento di San Pietro, ospiti delle Suore Benedettine del Santissimo Sacramento. Suor Marie Claire, di origine gaboniana, ci accoglie al nostro arrivo. Le piace chiacchierare e raccontare cose divertenti, intercalando i dialoghi con sonore risa. I sui modi di fare mi hanno trasmesso due stati d’animo indispensabili per continuare il cammino: l’allegria e la serenità. Ceniamo in convento in compagnia di tre pellegrini tedeschi, due ragazze e un ragazzo, partiti da Roma e diretti a nord. Le suore coltivano un bell’orto e la loro cucina è prevalentemente vegetariana. Anche il buon vino servito a tavola proviene dalle loro vigne.

Tredicesima tappa - Fotoracconto

I numeri della tappa (soste e varianti comprese)

Punto di partenza Bolsena
Punto di arrivo Montefiascone
Distanza 18,6 km
Durata 7h
Dislivello +650m; -380m

 

LA MIA FRANCIGENA, A PIEDI DA PORRETTA A ROMA
Quattordicesima tappa - Da Montefiascone a Viterbo, martedì 23 maggio 2017

Testo e foto di Mauro Lenzi

Lasciamo il convento di buon mattino dopo un’abbondante colazione servita dalle suore. Attraversiamo in salita il centro storico di Montefiascone, appollaiato a nido d’aquila sull’altura che domina il lago. Passiamo di fianco al monumentale duomo rinascimentale di Santa Margherita, sormontato da un enorme cupolone, e raggiungiamo i giardini della Rocca dei Papi. Nei pressi della torre riempiamo le borracce con l’acqua fresca di una fontanella alimentata da un acquedotto proveniente dai Monti Cimini, realizzato nel 1898 e lungo venti chilometri. 14 11Gettiamo un ultimo sguardo alla grandiosa veduta che abbraccia tutto il Lago di Bolsena e, dando le spalle alla fortezza, scendiamo le ripide scalette fino a piazza Urbano V, dove ci sono un piccolo belvedere e il monumento del pellegrino. 14 08Scattiamo le foto di rito accanto al monumento e usciamo dal centro abitato attraverso porta di Borgheriglia. In località Monte della Croce giriamo a sinistra e imbocchiamo una stradina in discesa che ci conduce in breve sul basolato originario dell’antica Cassia. Alle nostre spalle Montefiascone con il suo cupolone e laggiù, in lontananza sovrastata dai Monti Cimini, Viterbo meta della tappa odierna. Dopo circa settecento metri imbocchiamo un altro magnifico tratto di basolato romano lungo circa due chilometri. 14 21Provo una grande emozione nel calpestare le pietre che hanno visto passare soldati, imperatori, re, mercanti e pellegrini per oltre duemila anni di storia. Il mio passo si fa cadenzato alla stregua di un legionario romano di ritorno a Roma, dopo vittoriose campagne militari ai confini dell’impero. Dove finisce il basolato si interrompono anche le mie fantasie. Passiamo sotto la ferrovia e imbocchiamo una lunga e interminabile strada bianca che attraversa la fertile piana di Viterbo. Affrettiamo il passo per giungere di buon’ora alle Terme del Bagnaccio, una serie di piscine d’acqua calda sfruttate fin dai tempi degli etruschi, e luogo di sosta e ristoro dei pellegrini nel Medioevo. L’entrata è gratuita per i pellegrini, ma è buona consuetudine lasciare un donativo prima di andarsene, e così ci concediamo una sosta rigeneratrice immersi nelle preziose acque che sgorgano dal sottosuolo alla temperatura di 63°C. È comunque bene scegliere le vasche con l’acqua più tiepida e non restare a lungo immersi per evitare eccessivi cali di pressione. Viterbo dista ancora otto chilometri e la giornata è molto calda. Rigenerati dalle acque termali e dopo uno spuntino all’ombra di un albero al bordo delle vasche, ci carichiamo gli zaini in spalla per raggiungere la città. È quasi l’una del pomeriggio, non c’è ombra e il sole picchia duro. Sono chilometri monotoni e interminabili. Circa alle due siamo davanti alle possenti mura di Viterbo. Attraversiamo Porta Fiorentina e ci dirigiamo verso il centro della città. 14 35Dopo una breve visita del centro storico, stanchi e accaldati, usciamo dalle mura cittadine attraverso Porta della Verità e dopo aver percorso in leggera salita via IV Novembre e Via San Crispino raggiungiamo finalmente il Convento dei Cappuccini dove ha sede un centro di ospitalità per i pellegrini. Il luogo è bello, ma il servizio riservato ai pellegrini lascia alquanto a desiderare. Siamo in tanti, tutti stipati in una piccola camerata servita da un solo bagno. Ma non mi lamento perché anche questo è il “cammino”, e penso a chi non può concedersi neppure un misero tetto sotto cui dormire.
Montefiascone e Viterbo, sono un crocevia di cammini. Conosco altri pellegrini che diventeranno inseparabili compagni di viaggio. Isabella di Mestre, che partita da Padova ha percorso la Romea Germanica fino a Montefiascone e ora è diretta a Roma sulla Francigena, e Michele, partito da Milano, che ha bruciato le tappe sobbarcandosi spesso più di quaranta chilometri al giorno. Appare un po’ provato, ma dice che non si fermerà a Roma perché intende proseguire verso sud, in direzione delle Puglie, lungo i cammini micaelici. Buon cammino, Michele!
A Viterbo si possono trovare locali in cui servono menù per i pellegrini a prezzi ragionevoli. Uno di questi è il piccolo ristorante-pizzeria “Semplicemente Scaletta” vicino a Porta Romana. Ci ritroviamo tutti lì per la cena, dopo un bel giro della città.

Quattordicesima tappa - Fotoracconto

I numeri della tappa (soste e varianti comprese)

Punto di partenza Montefiascone
Punto di arrivo Viterbo
Distanza 19 km
Durata 7h
Dislivello +270m; -500m